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LA STORIA 𓂃🖊
Progettato nel 1746 dall’architetto Francesco Maria Preti di Castelfranco Veneto (1701-1774), su commissione della Società degli Accademici e, in particolare, da Jacopo e Giordano Riccati, fu costruito, secondo il progetto pretiano, tra il 1754 e il 1780, ad eccezione della facciata e dell’atrio, aggiunti tra il 1853 e il 1858 su disegni dell’ingegnere Antonio Barea di Castelfranco, autore, nello stesso periodo, anche della ristrutturazione interna, funzionale alla messa di scena di spettacoli operistici. Ceduto dalla Società del Teatro al Comune di Castelfranco Veneto nel 1970 per la simbolica somma di 101.000 lire, fu restaurato dallo stesso Comune tra il 1973 e il 1977 e destinato a sede di eventi culturali (concerti, spettacoli teatrali, convegni, mostre).
Il Teatro Accademico è una delle prime e più riuscite realizzazioni di Francesco Maria Preti, autore di numerosi progetti per chiese (tra cui lo stesso Duomo di Castelfranco), edifici civili e ville (tra cui, villa Pisani a Stra). L'originalità architettonica del Teatro consiste nella sua duplice funzione di sala teatrale per spettacoli e rappresentazioni musicali notturne e di aula per le riunioni diurne degli Accademici.
Come nel Duomo di S. Liberale, anche nel Teatro il Preti applica la Media Armonica Proporzionale, regola matematica che permette di ottenere un’acustica ottimale, stabilendo la dimensione dell’altezza mediante la divisione del doppio prodotto delle due dimensioni della pianta per la somma delle medesime dimensioni. Tutto l’interno, nel progetto originario pretiano, risponde a canoni matematici: il quadrato della platea, il semicerchio dei palchetti, il cubo della sala, i rettangoli uguali delle logge e del proscenio.
Due logge simmetriche laterali, sorrette da colonne corinzie, si affacciano sulla platea e inquadrano altrettante serliane con arco a tutto sesto affiancate da finestre coronate da frontoni. Le serliane furono chiuse nel corso della ristrutturazione ottocentesca (nel restauro del 1973-1977 fu riaperta la serliana di meridione), la quale eliminò pure l’originario zoccolo a bugnato rustico e rettificò la linea sinusoidale delle tre file sovrapposte di palchi.
La radicale opera di trasformazione che investì il Teatro a metà Ottocento (promotore, il podestà cittadino, conte Francesco Revedin; progettisti, in ruoli diversi, l’architetto veneziano Giambattista Meduna e l’ingegnere castellano Antonio Barea) non risparmiò neppure il soffitto: l’affresco originario di Giambattista Canal fu sostituito dall’allegoria rappresentante L’Immortalità assisa tra la Virtù e la Gloria che dispensa serti di alloro a letterati, scienziati ed artisti nativi di Castelfranco, opera del pittore veneziano Sebastiano Santi. L’atrio e la facciata, progettati dal Barea, giunsero a completamento nel 1858. Il 9 ottobre di quell’anno, la sala rinnovata fu inaugurata con la rappresentazione del Trovatore di Giuseppe Verdi, cui seguì la messa in scena del Barbiere di Siviglia di Giacomo Rossini e della Lucrezia Borgia di Gaetano Donizetti.